Il pessimismo economico è ingiustificato

 

Di Carlo Pelanda

 

 

Conflitto di interesse. Da un lato, l’ondata di pessimismo economico in America ed Europa sta accrescendo la domanda di scenari al think tank che il rubricante coordina. I ricercatori hanno appeso ai muri un “ventinovisti vi amiamo” dopo aver visto l’aumento degli stipendi per il superlavoro. Anche dovuto ad una valanga di spaventate commesse di ricerca dall’Italia e su di essa. Dall’altro, si tratta pur sempre di ricerca universitaria che impone il primato della verità, pur ipotetica, sul profitto. Ed ai clienti cominciamo a dire che è inutile spendere tanti soldi: non c’è alcuna catastrofe economica all’orizzonte. Anzi, viene loro consigliato di chiedere, piuttosto, lumi per intercettare la ripresa globale 2009/10. Questo sì è uno scenario del dopodomani veramente difficile che vale milionate in quanto non si riescono ad inquadrare i primi sintomi di implosione del sistema cinese. Tuttavia i clienti globali restano sull’idea “catastrofe domani” e, per l’Italia, di dissoluzione del nostro sistema. Perché c’è tanto pessimismo irrealistico?

Un primo motivo è che molti colgono l’occasione del catastrofismo per diventare guru spinti da media che così vendono di più. Lo stesso fenomeno è osservabile nel settore dell’ambiente. Un secondo è che i politici percepiscono, in occidente, un’ansia di massa e la assecondano in quanto la conferma delle paure facilita il consenso, rilanciandole. Ma il terzo è il principale. Dal 1945 al 2005 la ricchezza mondiale si è basata sul pilastro economico americano: dollaro e volume di importazioni che reggevano le economie di tutto il pianeta. Ora questo non c’è più. Significa che tutte le nazioni dovranno cambiare il loro modello affinché faccia più crescita interna. A ciò si aggiungono la crisi di fiducia finanziaria, la necessità di cambiare lo schema di business delle banche (deleverage) e l’incremento dei costi energetici ed alimentari non contenibili dalla normale politica monetaria. Questa combinazione tra mutamento strutturale e convergenza di crisi contingenti sta creando l’esagerazione della paura. Esagerata? Certo: (a) la locomotiva americana tirerà di meno, ma resterà e con essa un dollaro abbastanza robusto; (b) la crisi finanziaria è stata contenuta; (c) le banche torneranno a fare comunque ottimi risultati; (d) le tensioni inflazionistiche resteranno, ma contenute; (e) la tendenza recessiva in corso ha intensità e durata medie. E l’Italia? Poichè il sovrasistema tiene lo farà anche l’Italia, più o meno bene, perché l’Europa non può permettersi che esca dall’euro o imploda. Cari ventinovisti ed italocatastrofisti, rilassatevi, studiate.      

Carlo Pelanda